Credo siamo tutti d’accordo che le motivazioni sentimentali non bastino per intraprendere un’attività, né tantomeno per convincere qualcuno della validità del proprio prodotto!
Ecco quindi come promesso, una rapida panoramica delle motivazioni per cui sono convinta che la spesa sfusa, nel 2020, sia un modello di consumo non solo tornato in auge, ma più che mai attuale e necessario.
Intanto possiamo partire da quello che sembra più ovvio, ma con qualche numero alla mano può acquistare consistenza. E cioè che la spesa sfusa sia ecologica.
La quota maggiore della spazzatura che una famiglia produce deriva infatti dagli imballaggi e dagli involucri dei nostri acquisti per la casa; alimentari principalmente, ma anche detersivi, materiale scolastico…
Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani ediz. 2019 dell’ ISPRA*, mediamente ogni anno produciamo 500kg di rifiuti procapite. Proprio così, 500 kg a testa. Per una famiglia media di 4 persone sono due tonnellate in 12 mesi, una vera e propria montagna di spazzatura.
Giustamente qualcuno potrebbe obiettare che gran parte di questi rifiuti possono rientrare nel circolo della raccolta differenziata e quindi non necessitano di essere smaltiti perché nuovamente trasformati. Il problema è che la raccolta differenziata in Italia si attesta sotto la percentuale del 50%, con differenze sensibili tra regione e regione, ma comunque lontana da quella che era la soglia fissata per il 2020 dalla Direttiva 2009/98 (e che in teoria dovrebbe aumentare negli anni a venire).
Converrete con me che se quindi riciclare non basta (anche se so che i miei clienti sono virtuosissimi e differenziano benissimo!) l’unica strada è quella di non produrre proprio rifiuti, o quanto meno cercare di farlo ove possibile.
La spesa sfusa è poi estremamente comoda. Pensate al portare a casa, disimballare, mettere nei contenitori i vostri prodotti e poi differenziare tutti gli imballaggi, riempire il sacchetto per i rifiuti, portarlo fuori casa… con la spesa sfusa si eliminano tutti questi passaggi: se vi recate in negozio con i vostri contenitori, una volta arrivati a casa dovrete solo riporli in dispensa.
La terza motivazione per cui scegliere la spesa sfusa è indubbiamente quella della qualità. I fornitori delle piccole botteghe sono nella maggior parte dei casi fuori dal circuito della grande distribuzione e, per una questione di logica e di costi, dislocati sul territorio a distanze ragionevoli dalla bottega stessa. Questo permette un controllo abbastanza diretto sulla qualità dei prodotti, un dialogo semplice e immediato con i fornitori e un’offerta di prodotti che molte volte sono eccellenze artigiane, a km 0 e spesso biologici.
In tempi in cui a volte bisogna fare bene i conti al centesimo per essere sicuri di arrivare a fine mese, mi sono chiesta più volte quanto la qualità possa essere un parametro valido per la maggior parte delle famiglie. Ci sono diverse ricerche che dimostrano come, con l’avvento della crisi economica, la qualità della spesa alimentare nelle case italiane abbia dovuto in molti casi abbassarsi. E’ un dato di fatto che fa rabbia, ma è sotto gli occhi di tutti: quelle che con i miei figli chiamo “schifezze”, i cibi spazzatura, costano meno.
Un saccone di biscotti fatti in qualche punto dell’Unione Europea magari costerà meno di quelli artigianali piemontesi, così come un pacco di pasta prodotta con grano d’oltreoceano avrà un prezzo minore di quella locale.
Davanti a queste evidenze credo sia d’obbligo una riflessione personale su quelle che sono le proprie priorità. Io mi sono chiesta non solo “quanto vale la mia salute e quella dei miei figli?” ma anche “quanto posso pagare per ottenere il migliore prodotto possibile senza svenarmi?”. Perché è ovvio che tutti vorremmo per la nostra famiglia il meglio, ma è anche vero che dobbiamo vivere con i piedi per terra. E questo comprende il saper distinguere tra il prodotto che è caro perché “fighetto” e il prodotto con un prezzo ragionevolmente poco più alto, ma senza paragoni in quanto a gusto e genuinità.
E quindi: non sono forse meglio due o tre buoni biscotti gustati insieme anziché mezzo pacco mangiato senza consapevolezza davanti alla tv? Sono fermamente convinta che non sia necessario rinunciare alla qualità se le risorse a nostra disposizione sono limitate. Bisogna piuttosto ripensare le nostre modalità di consumo.
E questo discorso ci porta dritti ad un’altra grande motivazione per cui scegliere lo sfuso.
La spesa sfusa è economica. Mi sembra di vedervi, avete alzato un sopracciglio come a dire “seee, ma quando mai”. Sbaglio?
Ma vi chiedo di seguirmi un attimo nel ragionamento.
Il packaging dei prodotti alimentari può influire sul costo degli stessi fino al 10%. Una quota che si può immediatamente eliminare nello sfuso.
Oltretutto, nella grande distribuzione, le quantità sono predeterminate a monte, quindi non importa se volete provare solo 50 g di riso rosso per vedere se vi piace, dovrete comunque comprarne almeno mezzo chilo. Che se poi non vi piace resta lì nel pacchetto, finché non deciderete di buttarlo. Oppure scadrà da solo, e ve ne accorgerete tardi: quante volte nelle nostre dispense rimangono fondi di pacchetti che poi scadono perché finiscono dietro agli altri e ce ne dimentichiamo? Quel po’ di cereali, di legumi, di biscotti, di pasta…che se avessimo potuto comprarne di meno non avremmo sprecato!
La riduzione dello spreco è un parametro importante nel valutare il reale costo di un prodotto, e la spesa sfusa permette di azzerarlo del tutto: compro solo quello che sono sicuro di consumare, nelle quantità che voglio e quando voglio. Ovvio che non possiamo andare a fare la spesa tutti i giorni, ma con un poco di organizzazione è facile anche stabilire le quantità più adatte alla nostra famiglia, magari pensando prima a un menù settimanale… (e di questo parleremo in un altro articolo!).
Infine, che la spesa sfusa sia economica non lo dico io ma chi l’ha provata! E se proprio vogliamo essere pignoli, anche Federconsumatori, che in un rapporto sulla spesa delle famiglie italiane (dati 2014) ha calcolato che con lo sfuso si possa risparmiare fino a 700 euro all’anno.
Insomma, tutto sta a provare a fare il primo passo, a darci una chance di cambiamento, di trasformazione e miglioramento, nei confronti di quelle che ritengo siano le uniche due case che abbiamo da abitare e meritano rispetto, attenzione e amorevolezza: il pianeta e il nostro corpo!
*Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale